Sembrano termini lessicalmente contigui, mentre oggi sono il senso della misura comportamentale e la sua alterazione, evidenziata nell’arte da forme che sembrano prive di contenuto: ne hanno parlato Gilberto A. Marselli e Nicola Pagliara Mercoledi 21 Novembre nella sala Vele del Circolo Posillipo, con la moderazione di Pino Boccariello vicepresidente del Centro Studi Erich Fromm, insieme alla Presidentessa Silvana Lautiero: un incontro curato dal centro, nella prospettiva di una giuntura sinergica per il futuro.
Dopo l’introduzione per un dibattito di ampio respiro intellettuale senza distanze, è intervenuto il Prof. Marselli che ha declinato la preponderanza dell’etica, partendo dalla psicologia sociale di ‘Essere o avere’ di Erich Fromm e dalla Scuola di Francoforte, e sulle conseguenze del perdere ‘ciò che si ha’: punto critico dell’analisi modale comportamentale, perchè l'essere umano spesso fonda le sue certezze su cose materiali, e nel momento in cui esse vengono a mancare, si instaura un disorientamento ed uno scompenso psicologico che spesso si riversa su se stesso e sull'ambiente circostante. La cultura italiana invece ha mostrato riserbo nei confronti di tale scuola, essendo indubbiamente più razionale, se non altro perchè basata su concetti che rispecchiano la realtà delle situazioni sensa dare adito alla fantasia e inventiva come risorsa. Risorsa che nel caso dell'arte e della cultura italiana ha rappresentato e rappresenta ancora un modo di percepire le novità, e di gestirle.
L’etica deve restare un modo per ritrovare le radici della propria personalità, nel pieno rispetto altrui: i conseguenti criteri comportamentali formeranno la scala dei valori. Se il fine supremo quindi è un ‘bene’ oggettivo avulso dall’egoismo, l’estetica che è l’effetto dalla ‘produzione’ di qualcosa, resta connessa con l’etica in funzione di ‘essere e avere’: una profonda analisi che ha nuotato tra i riferimenti di Luigi Cosenza e Adriano Rivetti , che negli anni ’51-’54 seguirono il nuovo rapporto tra fabbrica e ambiente, come nell’Olivetti. Un esempio spesso citato in programmi culturali, che per il tempo in cui avvenne costituì un fenomeno quasi anonimo, anche perchè il mondo padronale era interalmente avvolto da una condizione critica che la politica tendeva solo a peggiorare. Tali esempi invece, furono il primo segno e neanche l'ultimo, di una imprenditoria intelligente che senza trucchi cerca di portare il lavoratore a continuare a vivere nel suo ambiente ideale, per rendere meglio e comunicare con maggiore oggettività.
Il Professore Architetto Nicola Pagliara, ha parlato invece di etica come ricerca del ‘sublime’ con cui rapportarsi con il resto del mondo, anche se poi l’unico riferimento a tal uopo resta Atene e la sua struttura di società: l’uomo spesso ritorna alle sue radici antiche, nella ricerca del nuovo, nel senso che nel tempo si sono formate scuole di pensiero che hanno influenzato la cultura e la politica, prendendo come riferimento dei valori e delle sostanze che appartenevano come brevetto intellettuale a popoli del passato. La sua valente osservazione è proseguita su esempi di architettura italiana, palesando il controverso rapporto tra forme, estetica , spazi condivisibili ed etica.
Egli ha svolto così una vera lezione di architettura, mostrando come l'estetica non si sia sottratta al modo diverso di concepire una immagine architettonica che come strutturata può trarre in inganno e mostrare forme e spazi, che invece non esistono. Lo ha fatto sulla base di diapositive tratte dalle opere dei nostri valenti artisti, partendo da Michelangelo. Se ne evince altresi che l'estetica è stata concepita nel tempo come qualcosa al quale tendere e 'usare' per la forma più indovinata all'interno di progetti e strutture all'interno della nostra sociertà che erano commissionate più che volute.
Gli artisti italiani hanno saputo, proprio in base all'irrazionalità che si possiede come ultima risorsa, comporre un involucro che si è espanso anche nella vena intellettuale che ci distingue, delinenando e caratterizzando una ecletticità nel comporre che ci fa apprezzare in tutto il mondo, ma anche quelle contraddizioni e delle decomposizioni della materia, che mostrano come oggi si cerchi partendo dal campo artistico, di comunicare l'assenza di contenuti che invece pesa in molte realtà sociali ed essenziali. L'estetica così appare ancor più distaccata dall'etica, perchè si allontana sempre di più dalle realtà concrete della vita, formando spesso solo la personalistica evanescenza delle proprie mancanze, che indipendentemente dall'apprezzamento artistico resta disattesa come messaggio.
Ricomporre tali distanze non è compito nostro, ma della società che deve raccogliersi intorno alla necessità di riconferire a queste due entità, proprio la valenza di essere legate a qualcosa che deve ritornare ad essere regolare, a non spaventare, a non indurre nelle nuove invenzioni sul dissidio interiore che guastano l'interezza del complesso, restando relegati all'espressività nell'arte che appartiene alla sana armonia che ciascuno di noi dovrebbe ritrovare in ogni contorno della sua vita. Nell'augurio che ciò possa essere ricomposto in futuro, e che si debba citare l'assonanza dei piccoli distinguo e non l'allontanamneto di due mondi contigui, si è chiusa l'importante discussione voluta , patrocinata e organizzata dal Centro Studi Erich Fromm, in una cornice ideale per estendere le proprio articolazioni mentali.
E’ stato gradito in tale contesto, il ‘raid’ alla conferenza di Maurizio Marinella, Presidente del Circolo Posillipo, che ha sottolineato l’importanza del dibattito e la stima verso i relatori, che ha origine dai ricordi universitari.
BRUNO RUSSO