“A cosa serve cercarti, se l’universo intero ti tramerà per me. Rapidi i tuoi passi leggeri lungo gli ambigui antri dell’esistenza cadenzeranno scelte involontariamente tessute della seta dei miei desideri. Senza pensarmi mi penserai. Senza conoscermi saprai di me. Ed io senza sapere il tuo nome t‘invocherò, mentre il tuo volto evocato riaffiora dalle immagini umide che la nebbia notturna confonde. Seta il destino comune ci sfiorerà la pelle”: la vita molto spesso è una catena di eventi senza contatto, come se l’afferrare mancato di ogni occasione persa, sfugga persino al tentativo di farsi una idea nell’approccio, o di capire quanto sia voluto o giusto portarlo avanti .
Intanto il tempo passa e, nell’impressione morbida di una notte che avvolge e rapisce, scorrono i punti di un raccordo ormai perso, perché i temi dell’amore sono troppo veloci, lasciando sul selciato delle cose dette e non dette, la sensazione di una stoffa troppo pregiata per essere indossata: la prima raccolta di poesie di Annarita Camardella - “Dimmi di che colore è la notte” di Gnasso Editore , è un percorso personale in cui il lettore può trovare molteplici risposte alle proprie riluttanze e desideri sciolti, senza invocare l’elegia di una rinuncia, perché alla fine resta il sapore di un qualcosa che pur non potendo avvenire, si scorpora dall’influenza esterna per confluire in una convincente empatia con il lettore.
Annarita, laureata in Lettere moderne, specializzata in gestione di contenuti digitali e comunicazione d’impresa, ‘Cultore della Materia’ di Storia della Critica Letteraria presso la Federico II di Napoli e giornalista pubblicista, nel bagaglio di altre pubblicazioni e saggi traspone una lettura poetica fatta di testi autonomi, quasi singole emozioni, ma inseribili in un itinerario narrativo unitario, in cui la lirica successiva sviluppa e completa il tema della precedente; la ‘parabola di un desiderio’ potenzialmente simile in ciascuno di noi, soprattutto se trama dolcemente sogni nella notte. Sono sogni d’amore? O è la vita stessa ad essere ricerca di un amore duraturo, crogiuolo di tutti i desideri materiali e immateriali?
La coerenza narrativa di Annarita tesse una logica capace di collegare accadimenti difficilmente interpretabili, senza restare nel vago: “Trema la notte sotto i colpi del dubbio, spada contro i fantasmi del tuo silenzio, mentre dentro di me ti combatto e salvo, ti conquisto e perdo e tu sai solo incolparmi di non averti compreso, confermando così tutto il mio vuoto”: una poetica narrante che, nello svincolarsi dai dettami della metrica pura, infonde sobrietà e passione disposte in una morbida visione del tempo e della notte, tessendo versi legati proprio perché espressione di un continuum emozionale, autentico, originato da un vuoto che il tempo rende più pesante, specialmente di notte.
In copertina, una luna nascosta dalle nubi in un evanescente chiaroscuro blu notte, quasi un occhio di divina entità che scruta l’umano, nella sua essenza di eludere la solitudine dell’attesa, quando la dinamica della luce è assente e ci si dimena tra pensieri contraddittori e senza un filo. Il colore della notte, dal sapore oscuro e affascinante, quasi rende indispensabile il dolore, disegnando il senso di una vicenda da combattere e mai abbandonare, che svanisce con la luce e si ricompone la sera.
Alla fine nulla è tormento e sembra splendere, anche di notte, quella luce oscura, più potente della luce stessa, col coraggio di esternare quanto non si realizza nella vita o non si riesce a condividere appieno, traendo anche dalla deflagrazione di una possibile sconfitta l’infinitesimo possente e dirompente che nel dolore gratifica: “Ti hanno chiamato sogno, follia, proiezione ed inganno, impossibile travestito di eterno, specchio, ossessione, riflesso. Ti ho chiamato soltanto amore”.
BRUNO RUSSO