“Siamo fatti per costruire il tempo, e le pietre sono i nostri abbecedari. Volumi che dimostrano come in un tempo indefinito, fino a comprendere l’attuale, l’uomo abbia abitato le pietre, fino a farle diventare testimonianza unica della propria arte; quindi monumento del pensiero umano. Le pietre monumentali, dal principio, hanno educato l’uomo all’idea di verità, resa accessibile dal loro impiego. Perché le pietre di Matera, come i faraglioni di Capri, come i vecchi sanpietrini delle strade partenopee, come lo stesso Vesuvio, posseggono una preistoria, come quella che ciascuno di noi cerca per potervi accedere : l’uomo e la Pietra hanno un quindi un rapporto che li lega per tutta la vita, con una confidenza storica attraverso la quale il verbo diventa arte e l’ascolto incisione indelebile nell’essenza e nel colore della pietra “: Scrivere per cavare qualcosa dalla pietra o abitare la roccia come se fosse il nostro destino, non significa interpretare ma dar parole ai luoghi fossili, agli spazi tufacei, per sentirli come testimonianze, ancora oggi presenti e conviventi, di civiltà lontane, che continuano ad esser vive perché indipendentemente dalla loro volontà, hanno lasciato nella pietra l’evidenza della loro presenza.
Hanno disegnato nelle rocce i tratti del loro volere , facendoli diventare destino e poi futuro. Molti paesaggi fanno parte del nostro inconscio, li crediamo parte del nostro immaginario, per cui fantastichiamo, spaziamo orizzonti, spingendoci in molti racconti orientali e occidentali; finché, viaggiando, non confermiamo le nostre allucinazioni: nelle migliori delle ipotesi, a est dell’Eufrate, sui Sassi della Cappadocia: pietre turche. Sono anche luoghi fossili che sono diventati materia romanzesca, anche se sono davvero esistiti; sicuramente luoghi senza tempo che hanno determinato le energie ancestrali, che continuano a segnarci la loro presenza perché noi le abbiamo impressionate con il nostro disegno di vita.
Tutto ciò è l’abitare il mondo della natura, della roccia e del mare, che Raffaele Pisano ritrae nei suoi quadri che adesso si prepara a mostrare alla Galleria ‘Le 4 pareti’ in Via Fiorelli 12 d; in seno all’evento collettivo ‘Juicio’ che andrà in onda Sabato 16 Novembre dalle ore 12:00 alle 14:00.
Il concetto artistico è quello del luogo senza tempo : “ Il luogo che può essere ovunque e in ogni momento un luogo ancestrale che sente il passato , pur vivendo nel presente; è immutabile con il divenire del tempo, per poi riunire i tre ‘tempi’ in un unico , come se questo stesso posto o casa , manufatto che sia, appartenga a ogni tempo ma a nessuno di questi ! Dove lo stesso tempo sembra fermarsi in una sorta di confine tra epoche e sensazioni che ho potuto avvertire in me , per esempio nella villa san Michele a Capri; le mura, i bianchi intonaci , il silenzio, il mare e gli orizzonti; la sfinge che sembra essere adagiata li da chissà quale periodo, da chissà quale civiltà senza tempo. Come un viaggio attraverso le intenzioni di chi ci ha preceduto sulla pietra o ha abitato all’interno di essa, si dipana attraverso i miei lavori , la realizzazione di una emozione . Sulla tela provo a raffigurare il luogo senza tempo dove non è definibile il momento, dove coesistono creature, barche e pietre con astronauti che le vogliono raggiungere; appartenendo a luoghi e tempi ontani ma presenti , per poi essere sfuggenti . Così le pietre delle case , le mura , le stelle il mare sono senza tempo “. Una descrizione onirica caratterizza il sentire di Raffaele Pisano, e una realtà variegata e reale il contenuti dei suoi lavori, dove abita in definitiva, il Mediterraneo con i suoi misteri , come la storia delle civiltà ove si sono succedute, stratificazione di genti ed eventi , luoghi ed energie misteriose . In questi ultimi lavori che presenterà , egli ha assunto partendo da un’ottica molto allargata quanto matura, l’ottica dell’uomo che vuole scoprire per raggiungere e, quando ottenuto il suo posto sulla pietra, vuole fuggire per valutare la sua essenza ma, resterà ancorato alla bellezza pittorica di ciò che egli ritrae, perché l’emozione è anche questo.
BRUNO RUSSO