Dopo il Trianon, a fine Gennaio 2013, Antonio Buonomo non si è dato pace per le innumerevoli idee messe in testa con l'esigenza di essere liberate al più presto,per una rinnovata scena della canzone napoletana, protagonista dei suoi spettacoli di varietà come lo è stato " L’ultimo pianino".
Come il pianino è stato uno dei principali strumenti di diffusione e di divulgazione delle canzoni classiche napoletane, Buonomo porta in scena lavori inediti volti a far conoscere gli ambienti e gli strumenti di un'epoca, gli anni ‘30/‘40, mille canzoni che oggi hanno un impatto teatrale indefinibile, da 'Nu palcoscenico' a ‘O sapunariello.
Antonio Buonomo, una voce tra le più genuine e convinte della tradizione, imprime una forza speciale che conforma il viso alla sofferenza e alla gioia contenuta in una canzone, rendendolo una maschera vissuta ove si infrangono eterni i segni dell'antica passione, che dipinge con gli opportuni strumenti musicali l’atmosfera dei vicoli e rioni napoletani, tra il candore dei panni appesi e gocciolanti e il grigiore delle storie dietro le finestre.
Un alveolo di sensazioni che Antonio dopo il Trianon ha portato anche a far conoscere nel suo viaggio in India, ove oltre ad osservare le realtà incredibili di questo Paese, si è reso conto come la sceneggiata abbia ormai un linguaggio universale e sia amato altrove senza i luoghi comuni che da noi, la legano a determinate realtà sociali o teatrali non del tutto riproponibili.
I Paesi ove una certa spiritualità è predominante e presente nei luoghi del vivere comune, e il Giappone ci ha insegnato qualcosa da questo punto di vista, proprio venendo a contatto con 'portatori sani' della nostra melodia partenopea, si interpreta la cadenza del linguagguo che ci appartiene, come noi abbiamo fatto per molto tempo con molti idiomi, distinguendosi però per rispetto e affezione del linguaggio.
Adesso Antonio Buonomo è al lavoro per un progetto interessante che riguarda....
Instancabile amante della propria professione e della musica partenopea dell’anima che egli esprime da sempre, Antonio Buonomo, dopo vari successi e un viaggio in India ove si è reso conto che la sceneggiata è un linguaggio universale, che anche in luoghi lontani sanno interpretare e rappresentare in modo molto ‘sentito’, approda al Giffoni Film Festival nella sezione cortometraggi con un lavoro molto interessante intitolato ‘La volpe Sophia e l’indovinello solare’, volto anche a fornire un imprimatur educativo perché si raffrontano il mondo delle fiabe e quello del tipico ‘boss’, che reo delle sue azioni si deve nascondere, senza avere la possibilità di guardare un cielo senza pericoli e timori.
Tutto nacque con l’incontro con Andrea Lucisano al Chiostro di Sant’Eligio a Napoli nei pressi di Piazza Mercato, ove si svolse un anno fa una kermesse di successo ad opera di Gianfranco Gallo, tesa a mettere insieme artisti di diversa prospettiva e creare qualcosa di unico e sinergico: l’occasione fece scrivere ad Andrea questa favola della volpe Sophia che partecipò dopo pochi mesi, ad Ottobre 2012, al Festival della Filosofia sito in Ascea Marina, una location ove pervenivano ragazzi da tutta l’Italia, prevalentemente dedicata ai Licei Classici. Il successo a livello scolastico fu enorme e da lì nacque l’idea di sfruttare la cosa per una rappresentazione a livello cinematografico.
Così, per il Giffoni Film Festival iniziato da pochi giorni, il corto con autore e regia Andrea Lucisano e unico interprete Antonio Buonomo, esordirà al concorso di categoria del Giffoni alla sala Lumiere Venerdi 26 Luglio alle ore 17. ‘La volpe Sophia e l’indovinello solare’ è l’unico corto in Italia girato con cartoni animati, cosa che le conferisce un’aria molto sdolcinata, volta proprio a mitigare alcune condizioni terribili della nostra vita, che con un po’ di umanità possono essere cambiate almeno dentro, e ciò non è poco.
La storia parla infatti di una volpina che nello scavare una tana in campagna, cade nel bunker di un boss, interpretato da Antonio Buonomo, che non vuole saperne più del mondo esterno e si è rintanato in un anfratto nelle viscere del terreno, ove potere con la sua avidità contare i soldi accumulati e non essere preda di alcuna insidia. La volpina inizierà a fare mille domande e all’inizio il boss si mostrerà duro ed infastidito, poi pian piano, per mezzo della sua purezza, ingenuità mista a dolcezza, il languido cartone riuscirà ad entrare in sintonia con l’uomo fino a diventarne amica: lo convincerà così alla necessità di non rinunciare al sole e alla luce, cioè di uscire fuori dalla tana e darsi alla giustizia, anche attraverso un discorso intriso da vera filosofia.
Toccante resta così la scena finale, nella quale una volta usciti all’esterno, la volpina vede le luci della polizia e Antonio Buonomo afferma: “E’ la giustizia degli uomini”; ma ormai entrambi sono in sintonia, contenti che la vita per una volta ha vinto , facendo ritornare la convinzione che solo l’onestà appaga e che la dolcezza ci fa vedere le cose in modo diverso, anche se la giustizia deve fare il suo normale corso.
Antonio Buonomo e Andrea Lucisano sono entusiasti di questo progetto che già nel partecipare ad una manifestazione importante come il Giffoni Film Festival, riceve un riconoscimento non indifferente, poi tutto ciò che ne verrà sarà solo ulteriore decoro per l’iniziativa. L’immagine di Antonio nel corto è la tipica maschera dotata di una espressività senza precedenti, che nasce con il background della sceneggiata, ma proprio nella vivida unione con Andrea , riceve tutto il fascino di una favola moderna, essenziale ma profonda, musicale e dotata di notevole desiderio di umiltà.
..............................................................................................................
Da una sue recente intervista, prima di performare lo spettacolo al Trianon e affrontare il viaggio in India:
“ Antonio, perché il pianino è uno strumento bistrattato dalla cultura musicale”?
- Il pianino è stato il primo mezzo di pubblicità delle canzoni antiche, di autori come “Papaccio”, “Parisi”, “Pasquariello”; era una sorta di pianoforte in miniatura messo su un carrello che si tirava a mano e dando la corda come agli orologi, girava la carta di musica con dei chiodini che riproducevano la sua caratteristica melodia vibrante. Un piccolo amplificatore poi faceva sì che la musica fosse udibile nei quartieri ove veniva portato: parliamo degli anni ’30, ’40. Non so perché sia stato bistrattato: oggi è un pezzo di antiquariato che fu soppiantato dagli anni ’50 in virtù delle nuove e crescenti tecnologie.
“ Quali autori hanno tentato di rivalutarla e fregiarla nel passato”?
- Dagli anni ’50 non è stato più adoperato o nominato culturalmente parlando, fino a quando un personaggio parrocchiale ha scritto il copione che porterò al Teatro Trianon: sono stato interpellato a tal proposito, dal maestro Gianni Panachia che mi ha parlato del progetto e mi ha proposto il personaggio di “Peppino Capece” che porterò in scena come ‘anima del pianino’ che rediviva, canta le canzoni dell’epoca.
“ Quindi sarai tu il ‘ pianino ‘ al Trianon: come è strutturato lo spettacolo”?
- “L’ultimo pianino”, degli autori Salvatore Napolitano e Gianni Panachia, è ambientato nei giorni nostri e inizia con il balletto ‘Giuliart’, che si esercita mentre il pianino giace dismesso in un angolo oscuro. Ad un tratto una ballerina urterà lo strumento e ne denuncerà l’ingombro e inutilità alla proprietaria. Nel contempo la riflessione sui ricordi legati al pianino, quasi un personaggio con cui i genitori conversavano, susciterà una carezza istintiva allo strumento, da cui partirà la voce mia dal pubblico: “Sono io Peppino il pianino”. A questo punto dal buio fumoso comparirà, come un viaggio nel tempo, una piazza antica napoletana ove trascino il pianino e urlo “Signò, per 20 lire vi faccio sentire la canzone e vi dò anche la copiella di Elvira Donnarumma”.
“ Chi sono i tuoi compagni ed ospiti di questo viaggio incantevole”?
- Sono principalmente Patrizia Masiello che ha fatto la regia e impersonificherà “Carmela” ovvero mia moglie, nonché lo stesso Gianni Panachia che mi accompagna suonando il pianoforte, mentre il pianino resta l’oggetto andato nel tempo, ma con un fascino incredibile proprio perché lo si riproduce con il mio personaggio, un pianoforte e tanti ricordi.
“Che rapporto ha il pianino con la sceneggiata di cui resti uno dei suoi massimi esponenti”?
- Non ha mai avuto rapporti; solo Mario Merola nel suo copione di “I figli …so’ pezzi ‘e core”, fece l’uomo del pianino, grande lavoratore dalla mattina fino alla sera quando si ritira con il figlioletto, che poi gli sarà tolto perché si scoprirà, dopo averlo allevato e curato con tutto l’amore e la premura di questo mondo, che in realtà altri erano i suoi veri genitori”.
“ Oltre alle altre attività che ti coinvolgono, vogliamo parlare di questo gossip sanremese “?
- Sarò il 19 al Teatro Trianon per cantare nel concerto di Tony Cercola una sua canzone; poi porterò il mio spettacolo in provincia. Il gossip riguarda il fatto che andrò a giorni a Roma per una intervista con Fabio Fazio, il quale nella sua ricerca su scandali e curiosità, ha trovato questo mio pezzo del ’75 che portai a Sanremo con il titolo “La femminista”, brano di un’epoca ove nasceva e si diffondeva tale movimento. La canzone nacque dal binomio Eduardo Alfieri e Leo Chiosso paroliere di Fred Buscaglione , nonché dal discografico Luciano Rondinella. Inoltre, dal momento che posseggo un 33 di quasi inediti di Buscaglione perché ne stamparono poche copie, spero di utilizzarlo per uno spettacolo futuro commemorativo del grande Fred, considerato “il vero duro” della canzone.